E' solo il 18 febbraio, manca più di un mese all'inizio della primavera, ma stamattina è uscito il sole, e ho pensato di dare un primo sguardo al giardino per cogliere i primi segnali di risveglio. Fa sempre piacere trovare i primi fiorellini, alcuni sono così piccoli.... puntini bianchi e azzurri in mezzo al trifoglio che abbonda.
Il giallo abbagliante.
E infine ho trovato l'erba fumaria che mi piace tanto!
Tutto questo a un mese di distanza dalla vera primavera.
I fiori di campo arrivano a noi da tempi lontani......comparsi nel Paleozoico, si sono ampiamente diffusi sulla Terra soprattutto nel Mesozoico, durante l'era dei dinosauri circa 140 milioni di anni fa.
Mi piacerebbe fare una passeggiata nel tempo e vedere i dinosauri che passeggiano tra i fiori. Osservare i campi interamente ricoperti di fiori, come oggi è raro vedere. Mi chiedo anche, essendo i dinosauri tanto grandi, che tipo di percezione avessero dei piccoli fiori....troppo piccoli anche per essere mangiati?
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.Provo anche a immaginare il mondo prima dei fiori...una Terra quasi tutta verde e marroncina, e poi ecco comparire questi leggeri, delicati, moltissimo colorati segnali di pura bellezza.
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La storia dei fiori si accompagna alla nostra! Per esempio quando molto tempo fa (oppure poco tempo fa) andavo nel giardino dei miei nonni, trovavo sempre un piccolo tappetino di giacinti bianchi profumati. Era l'inizio di quelle antiche (o recenti) primavere!
E ora quando vado in quel giardino a distanza di molti avvenimenti, se siamo a fine inverno o quasi, comincio a dare un'occhiata in quello stesso picolo luogo, ed ecco quello che trovo: un giacinto bianco e profumato.
Si si, per tanto tempo l'ho considerato il mese peggiore, sia perchè associato al carnevale, che non mi piace, sia perchè mi sembrava soltanto molto freddo e tetro. Comunque ho cambiato idea: il carnevale ho imparato a evitarlo e non mi disturba, il freddo lo sopporto meglio, anche grazie al calore del fuoco del camino, e l'aggettivo tetro ora lo sostituisco con:
silenzioso
essenziale
privo di false apparenze
custode di grandi tesori
Ecco una risposta a cui non avevo pensato, sicuramente gennaio è un mese di arance. Frutto bellissimo, perfetto, come un piccolo sole in mezzo al freddo inverno.
Che cosa è Gennaio me lo chiedo da molto tempo. Ancora non ho trovato molte risposte. So che è un tempo di immobilità della natura, di vero silenzio. Un tempo dove le grandi domande sembrano senza risposta. Uno strano tempo. Oggi ho avuto l'opportunità di vedere qualcosa di gennaio e ho preso qualche foto, perchè le risposte non sono sempre fatte di parole.
Auguri di cuore a tutti i visitatori di questo blog! La vostra presenza silenziosa è sempre gradita!
Era pieno inverno.
Soffiava il vento della steppa.
E aveva freddo il neonato nella grotta
Sul pendio della collina.
L’alito del bue lo riscaldava.
Animali domestici
stavano nella grotta,
sulla culla vagava un tiepido vapore.
Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio
e i grani di miglio,
dalle rupi guardavano
assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte.
Lontano, la pianura sotto la neve, e il cimitero
e recinti e pietre tombali
e stanghe di carri confitte nella neve,
e sul cimitero il cielo tutto stellato.
E lì accanto, mai vista sino allora,
più modesta d’un lucignolo
alla finestrella d’un capanno,
traluceva una stella sulla strada di Betlemme.
Per quella stessa via, per le stesse contrade
degli angeli andavano, mescolati alla folla.
L’incorporeità li rendeva invisibili,
ma a ogni passo lasciavano l’impronta d’un piede.
Una folla di popolo si accalcava presso la rupe.
Albeggiava. Apparivano i tronchi dei cedri.
E a loro: “Chi siete? ” domandò Maria.
“Noi, stirpe di pastori e inviati del cielo,
siamo venuti a cantare lodi a voi due”.
“Non si può, tutti insieme. Aspettate alla soglia”.
Nella foschia di cenere, che precede il mattino,
battevano i piedi mulattieri e allevatori.
Gli appiedati imprecavano contro quelli a cavallo;
e accanto al tronco cavo dell’abbeverata
mugliavano i cammelli, scalciavano gli asini.
Albeggiava. Dalla volta celeste l’alba spazzava,
come granelli di cenere, le ultime stelle.
E della innumerevole folla solo i Magi
Maria lasciò entrare nell’apertura rocciosa.
Lui dormiva, splendente, in una mangiatoia di quercia,
come un raggio di luna dentro un albero cavo.
Invece di calde pelli di pecora,
le labbra d’un asino e le nari d’un bue.
I Magi, nell’ombra, in quel buio di stalla
Sussurravano, trovando a stento le parole.
A un tratto qualcuno, nell’oscurità,
con una mano scostò un poco a sinistra
dalla mangiatoia uno dei tre Magi;
e quello si voltò: dalla soglia, come in visita,
alla Vergine guardava la stella di Natale.
B. Pasternack